
			
			di
			
			Julio Alvear
			1
			
			 
			
			 
			
			
			
			 
		
			
				
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					Uno dei nomi 
					che spuntano immancabilmente quando si va a grattare la 
					superficie di quel mondo oscuro che è il satanismo, è quello 
					di Nietzsche. La sua profonda avversione verso il Dio 
					cristiano, ma soprattutto la sua idea di auto-deificazione 
					dell'uomo lo collocano tra gli antenati più illustri di 
					questa subcultura. Il suo concetto razzista di Superuomo 
					(l'iniziato), al di là del bene e del male, e al di sopra di 
					tutti gli altri esseri umani considerati come la massa 
					imbelle (i cristiani), lo si ritrova spesso negli scritti di 
					tanti teorici del culto satanico, primo fra tutti 
					
					Anton Szandor LaVey 
					(1930-1997), il famoso satanista americano fondatore della 
					prima organizzazione satanica a godere di un riconoscimento 
					ufficiale. 
					  
					Del resto, tutta la corrente del satanismo 
					moderno si ispira a questo erede del romanticismo tedesco 
					che con le sue idee di un «uomo nuovo» affrancato dalla 
					religione affascinò non a caso il regime nazista. Leggendo i 
					suoi scritti si percepisce la sua visione profetica di un 
					nuovo tipo di consorzio umano che sembra regolato da quel 
					darwinismo sociale predicato da certi adoratori del 
					maligno o da rockstar del calibro di 
					
					Marilyn Manson. Un 
					paladino del male ante litteram che alla fine 
					dell'Ottocento ha descritto, con diversi decenni di 
					anticipo, le fasi finali della Rivoluzione anticristiana di 
					cui siamo testimoni.  | 
			
		 
			
			 
			
			
			 Premessa
			Premessa
			
			 
			
			A volte, rileggere le opere di 
			Friedrich Nietzsche (1844-1900) può risultare molto 
			interessante. Il suo pensiero è rappresentativo della corrente di 
			quella filosofia moderna che esalta l'essenza e la mèta finale della 
			Rivoluzione. Con quest'ultimo termine intendiamo quell'imponente 
			processo di tendenze, di dottrine e di trasformazioni politiche, 
			sociali ed economiche derivante da un deterioramento morale generato 
			da due vizi fondamentali: l'orgoglio e la sensualità. Questi vizi 
			producono nell'uomo un'incompatibilità profonda con la dottrina 
			cattolica. Dall'orgoglio e dalla sensualità proviene una concezione 
			del mondo diametralmente opposta all'opera di Dio.
			
			 
			
			Tale concezione 
			non differisce dall'idea cattolica solamente in questo o in quel 
			punto. Con il passare delle generazioni, questi vizi sono divenuti 
			più profondi e hanno generato una concezione gnostica e 
			rivoluzionaria dell'Universo. I primi passi di questa concezione 
			ebbero inizio storicamente nel Rinascimento, e nel XVI secolo col 
			Protestantesimo. Oggi, questo processo sta giungendo al suo 
			completamento con l'apostasia di quelle che un tempo erano le 
			nazioni cattoliche.
			
			 
			
			
			 Nietzsche, «profeta» dell'era 
			moderna
			Nietzsche, «profeta» dell'era 
			moderna
			
			 
			
			Non consideriamo Nietzsche un grande 
			pensatore metafisico, nel senso classico del termine. Tuttavia, egli 
			offre un esempio utile per mostrare gli scopi della Rivoluzione. Nei 
			suoi scritti, Nietzsche esprime un'ammirazione appassionata per l'antico 
			paganesimo: egli ha fornito una nuova energia artificiale ai 
			suoi miti riesumati (l'eterno ritorno, la visione dionisiaca della 
			vita, ecc...). Tali visioni rivelano un pensiero privo di ogni 
			metodologia sistematica, ma ricco in aforismi, di metafore e le 
			allegorie che parlano del suo odio per Nostro Signore Gesù Cristo, per il Papato, per il 
			cristianesimo e per la verità filosofica e teologica. Ad esempio, 
			egli presenta le nozioni di morte di Dio, di superuomo e 
			di volontà di potere, e nel contempo attacca vigorosamente il 
			cristianesimo, ritenuto come un insieme di moralità destinata al 
			debole gregge. Questo odio, che nega il passato come portatore della tradizione 
			cristiana e che presenta il futuro come il frutto di una rivolta contro Dio 
			(come nel mito di Prometeo che tentò di rubare il fuoco 
			dal cielo) è tipico della Rivoluzione. Tale odio è 
			riflesso più in Nietzsche che in qualunque altro pensatore, 
			tranne forse 
			 Ludwig Feuerbach 
			(1804-1872) o 
			 Jean-Paul  
			 Sartre 
			(1905-1980). A questo riguardo, Nietzsche è un visionario di 
			un'opera che la Rivoluzione sta tentando di completare ai nostri 
			giorni, e il cantore di uno dei suoi vizi propulsori: l'orgoglio, 
			l'arroganza. Egli porta la superbia al di là della sfera 
			individuale, trasformandola in un valore metafisico, in un principio 
			universale mediante il quale ognuno dovrebbe rifiutare l'ordine 
			dell'Universo come è stato creato da Dio. Non pretendiamo di fare 
			una analisi esaustiva di questo tema in questo breve articolo. Ci 
			limiteremo semplicemente a mostrare il bandolo della matassa 
			nietzschiana a riguardo dell'orgoglio. Ci limiteremo pertanto a 
			sottoporre al lettore alcuni brevi estratti da due opere di 
			Nietzsche 
			ricche di significato rivoluzionario. Si tratta di una specie di 
			test che riguarda la posizione della nostra anima di fronte al 
			grande tema dell'uomo moderno, che con le sue azioni e col suo 
			pensiero pretende di far crollare Dio. Cercate di discernere ciò 
			che Nietzsche sta annunciando come «profeta» della Rivoluzione.
 energia artificiale ai 
			suoi miti riesumati (l'eterno ritorno, la visione dionisiaca della 
			vita, ecc...). Tali visioni rivelano un pensiero privo di ogni 
			metodologia sistematica, ma ricco in aforismi, di metafore e le 
			allegorie che parlano del suo odio per Nostro Signore Gesù Cristo, per il Papato, per il 
			cristianesimo e per la verità filosofica e teologica. Ad esempio, 
			egli presenta le nozioni di morte di Dio, di superuomo e 
			di volontà di potere, e nel contempo attacca vigorosamente il 
			cristianesimo, ritenuto come un insieme di moralità destinata al 
			debole gregge. Questo odio, che nega il passato come portatore della tradizione 
			cristiana e che presenta il futuro come il frutto di una rivolta contro Dio 
			(come nel mito di Prometeo che tentò di rubare il fuoco 
			dal cielo) è tipico della Rivoluzione. Tale odio è 
			riflesso più in Nietzsche che in qualunque altro pensatore, 
			tranne forse 
			 Ludwig Feuerbach 
			(1804-1872) o 
			 Jean-Paul  
			 Sartre 
			(1905-1980). A questo riguardo, Nietzsche è un visionario di 
			un'opera che la Rivoluzione sta tentando di completare ai nostri 
			giorni, e il cantore di uno dei suoi vizi propulsori: l'orgoglio, 
			l'arroganza. Egli porta la superbia al di là della sfera 
			individuale, trasformandola in un valore metafisico, in un principio 
			universale mediante il quale ognuno dovrebbe rifiutare l'ordine 
			dell'Universo come è stato creato da Dio. Non pretendiamo di fare 
			una analisi esaustiva di questo tema in questo breve articolo. Ci 
			limiteremo semplicemente a mostrare il bandolo della matassa 
			nietzschiana a riguardo dell'orgoglio. Ci limiteremo pertanto a 
			sottoporre al lettore alcuni brevi estratti da due opere di 
			Nietzsche 
			ricche di significato rivoluzionario. Si tratta di una specie di 
			test che riguarda la posizione della nostra anima di fronte al 
			grande tema dell'uomo moderno, che con le sue azioni e col suo 
			pensiero pretende di far crollare Dio. Cercate di discernere ciò 
			che Nietzsche sta annunciando come «profeta» della Rivoluzione.
			
			 
			
			
			 Il pazzo annuncia la morte di Dio
			Il pazzo annuncia la morte di Dio 
			
			
			Il primo testo proviene dall'opera Die fröhliche Wissenschaf 
			(«La 
			gaia 
			scienza»; 1882). Questo estratto è il nº 125 nella 
			compilazione di Walter Kaufmann (1960), ed è intitolato Il pazzo
			2. Scrive Nietzsche: «Avete sentito di 
			quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del 
			mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: 
			"Cerco Dio! Cerco Dio"! E poiché proprio là si trovavano raccolti 
			molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. "È 
			forse perduto"? disse uno. "Si è perduto come un bambino"? fece un 
			altro. "0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È 
			emigrato" - gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle 
			uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: "Dove 
			se n’è andato Dio"? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad 
			ucciderlo: voi e io! Siamo noi 
			 tutti i suoi assassini! Ma come 
			abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino 
			all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero 
			orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena 
			del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via 
			da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E 
			all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora 
			un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un 
			infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto 
			più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non 
			dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i 
			becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non 
			fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si 
			decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! 
			Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? 
			Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad 
			oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi 
			questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti 
			espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo 
			grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi 
			stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci 
			fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi 
			apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di 
			quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi"! A questo punto 
			il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi 
			ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente 
			gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. "Vengo 
			troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. 
			Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo 
			cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. 
			Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole 
			tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, 
			perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più 
			lontana da loro delle più lontane costellazioni: eppure son loro che 
			l’hanno compiuta"! Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto 
			irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia 
			intonato il suo Requiem æternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, 
			si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo 
			modo: "Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i 
			sepolcri di Dio»?
tutti i suoi assassini! Ma come 
			abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino 
			all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero 
			orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena 
			del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via 
			da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E 
			all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora 
			un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un 
			infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto 
			più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non 
			dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i 
			becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non 
			fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si 
			decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! 
			Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? 
			Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad 
			oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi 
			questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti 
			espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo 
			grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi 
			stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci 
			fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi 
			apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di 
			quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi"! A questo punto 
			il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi 
			ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente 
			gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. "Vengo 
			troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. 
			Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo 
			cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. 
			Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole 
			tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, 
			perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più 
			lontana da loro delle più lontane costellazioni: eppure son loro che 
			l’hanno compiuta"! Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto 
			irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia 
			intonato il suo Requiem æternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, 
			si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo 
			modo: "Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i 
			sepolcri di Dio»?
			
			 
			
			
			 Dio è morto in 
			Così parlò Zarathustra
 
			Dio è morto in 
			Così parlò Zarathustra
 
			
			Il secondo gruppo di testi è estratto 
			dall'opera popolare Also sprach Zarathustra (1885), del quale 
			abbiamo selezionato sei paragrafi dalle varie parti dell'opera: «Zarathustra 
			scese da solo dalla montagna e non incontrò nessuno. Ma quando 
			giunse nella foresta, improvvisamente si imbatté in un vecchio, che 
			aveva lasciato la sua capanna per cercare radici nella foresta 
			[...]. "E che fà mai il santo nella foresta"?, chiese Zarathustra. 
			Il santo rispose: "Compongo canzoni e le canto, e quando compongo 
			canzoni, rido, piango e borbotto fra me stesso. Così innalzo le mie 
			lodi a Dio". Ma quando Zarathustra fu solo, così parlò al suo cuore: 
			"E mai possibile? Questo vecchio santo nella sua foresta non sa ancora che Dio è morto"» 3.
			«E sarà il grande meriggio, quando l'uomo starà a metà del suo 
			cammino tra la bestia e il Superuomo e celebrerà il suo viaggio 
			verso la sera come la suprema speranza: questa infatti è la via per 
			un nuovo mattino. Allora il tramontante benedirà sé stesso, perché 
			egli è Colui che passa oltre; e il sole della sua conoscenza starà 
			allo zenit. Tutti gli dèi sono morti: ora vogliamo che 
			viva il Superuomo: questo sia nel grande meriggio il nostro 
			ultimo volere»! 4. «Dio è una supposizione; 
			ma io voglio che la vostra supposizione non si estenda più lontano 
			della vostra volontà creatrice [...]. Potreste voi pensare un 
			dio? Ma questo significa proprio volontà di verità, questo 
			convertire tutto all'umanamente pensabile, all'umanamente sensibile! 
			Voi dovete pensare i vostri sensi fino in fondo! E ciò che voi 
			chiamate mondo, prima voi dovete crearvelo [...]. Ma lo 
			voglio farvi conoscere tutto il mio cuore, amici miei: se 
			esistessero gli dèi, come io sopporterei di non essere un dio?
			Pertanto non esistono gli dèi. Ho tratto la conclusione; ora 
			la conclusione trae me [...]. La bellezza del Superuomo è 
			giunta a me come un'ombra. Ahimè, fratelli miei! Che mi importa 
			ormai più degli dèi»? 5. «Che 
			cosa sa oggi ognuno"?, chiese Zarathustra. "Su per giù questo, che 
			il vecchio Dio a cui un giorno ognuno credeva, non c'è più"? 
			[...]. Meglio nessun dio, meglio crearsi il destino con le 
			proprie mani, meglio esser pazzo, meglio esser noi stessi dio»!
			6. «Quel Dio che vedeva tutto, 
			anche l'uomo, doveva morire! L'uomo non 
			sopporta vivo un testimone di questo genere»
			7. «Ma ora questo Dio è morto! O 
			Uomini Superiori, quel Dio era il vostro più grande pericolo. 
			Solo ora, che ormai giace nel sepolcro, siete di nuovo resuscitati. 
			Ora soltanto giunge il grande mezzogiorno, ora soltanto l'Uomo 
			Superiore diviene padrone. Comprendete queste parole, fratelli miei? 
			Voi siete spaventati: i vostri cuori vanno soggetti a vertigini? Vi 
			si spalanca l'abisso? Vi abbaia addosso il cane infernale? Orsù, 
			dunque, Uomini Superiori! Soltanto ora la montagna partorisce, 
			l'avvenire dell'uomo. Dio è morto: vogliamo, ormai, 
			che viva il Superuomo»! 8.
  
			ancora che Dio è morto"» 3.
			«E sarà il grande meriggio, quando l'uomo starà a metà del suo 
			cammino tra la bestia e il Superuomo e celebrerà il suo viaggio 
			verso la sera come la suprema speranza: questa infatti è la via per 
			un nuovo mattino. Allora il tramontante benedirà sé stesso, perché 
			egli è Colui che passa oltre; e il sole della sua conoscenza starà 
			allo zenit. Tutti gli dèi sono morti: ora vogliamo che 
			viva il Superuomo: questo sia nel grande meriggio il nostro 
			ultimo volere»! 4. «Dio è una supposizione; 
			ma io voglio che la vostra supposizione non si estenda più lontano 
			della vostra volontà creatrice [...]. Potreste voi pensare un 
			dio? Ma questo significa proprio volontà di verità, questo 
			convertire tutto all'umanamente pensabile, all'umanamente sensibile! 
			Voi dovete pensare i vostri sensi fino in fondo! E ciò che voi 
			chiamate mondo, prima voi dovete crearvelo [...]. Ma lo 
			voglio farvi conoscere tutto il mio cuore, amici miei: se 
			esistessero gli dèi, come io sopporterei di non essere un dio?
			Pertanto non esistono gli dèi. Ho tratto la conclusione; ora 
			la conclusione trae me [...]. La bellezza del Superuomo è 
			giunta a me come un'ombra. Ahimè, fratelli miei! Che mi importa 
			ormai più degli dèi»? 5. «Che 
			cosa sa oggi ognuno"?, chiese Zarathustra. "Su per giù questo, che 
			il vecchio Dio a cui un giorno ognuno credeva, non c'è più"? 
			[...]. Meglio nessun dio, meglio crearsi il destino con le 
			proprie mani, meglio esser pazzo, meglio esser noi stessi dio»!
			6. «Quel Dio che vedeva tutto, 
			anche l'uomo, doveva morire! L'uomo non 
			sopporta vivo un testimone di questo genere»
			7. «Ma ora questo Dio è morto! O 
			Uomini Superiori, quel Dio era il vostro più grande pericolo. 
			Solo ora, che ormai giace nel sepolcro, siete di nuovo resuscitati. 
			Ora soltanto giunge il grande mezzogiorno, ora soltanto l'Uomo 
			Superiore diviene padrone. Comprendete queste parole, fratelli miei? 
			Voi siete spaventati: i vostri cuori vanno soggetti a vertigini? Vi 
			si spalanca l'abisso? Vi abbaia addosso il cane infernale? Orsù, 
			dunque, Uomini Superiori! Soltanto ora la montagna partorisce, 
			l'avvenire dell'uomo. Dio è morto: vogliamo, ormai, 
			che viva il Superuomo»! 8.
			
			 
			
			Nietzsche finì i suoi giorni nella follia. Egli era solito 
			firmare alcune delle sue lettere con «dio», o «il crocifisso». Si 
			tratta di un'efficace lezione morale che non ha bisogno di nessun 
			ulteriore commento. Senza dubbio, coll'avanzare della sua pazzia, 
			Nietzsche vide anche certe cose. Culturalmente parlando, egli visse 
			in un ambiente protestante soffocato dall'incredulità e dal 
			razionalismo; un mondo in cui quella falsa religione non dà alcuna 
			risposta a qualsiasi interrogativo. Messo di fronte al cattolicesimo 
			– forte della sua magnifica azione nella seconda metà del XIX secolo 
			- Nietzsche gli si rivoltò contro e, senza alcuna evidenza, dichiarò 
			la sua morte. In Così parlò Zarathustra, l'ultimo Papa parla 
			alla festa dell'asino, un commento ironico su come la religione 
			sarebbe apparsa vuota davanti all'autonomia dell'uomo moderno e 
			alla civiltà.
			
			 
			
			
			 Una Nuova Era basata sul non serviam 
			di Satana
			Una Nuova Era basata sul non serviam 
			di Satana
			
			 
			
			
			 Il filosofo tedesco proclamò che 
			l'uomo religioso non sarebbe sopravvissuto nella nuova civiltà. 
			Inoltre, egli disse che i tempi moderni avrebbero prodotto la morte 
			di Dio. Egli sarebbe morto perché gli uomini lo avrebbero ucciso. 
			Come? Affermando la loro libertà dinanzi a Lui e asserendo il potere 
			della loro razionalità. Così Nietzsche annuncia l'alba di un uomo 
			nuovo che si inventa mediante la sua volontà di potere, 
			liberando sé stesso dalle catene delle virtù cristiane che lo 
			costringono alla rassegnazione e alla morte. In Così parlò 
			Zarathustra si intravede l'aspettazione messianica di un 
			grande giorno nuovo che deve venire per l'umanità, qualcosa che 
			è già arrivato per l'illuminato. Egli afferma: «E sarà il grande 
			meriggio», vale a dire la realizzazione dell'atteso regno di Dio 
			sulla Terra è ormai prossima, e sarà realizzata unicamente dalla 
			mano dell'uomo. Dio non è più necessario. Possiamo attuare la nostra 
			felicità senza di Lui. Dal punto di vista teologico, questa 
			affermazione di Nietzsche è estremamente espressiva: «Se 
			esistessero gli dèi, come io sopporterei di non essere un dio»? 
			Ecco l'orgoglio dell'angelo caduto sulle labbra di un uomo. A causa 
			della sua natura, l'uomo si sente finito e limitato. Per questa 
			ragione, egli si volge naturalmente verso Dio in un atteggiamento 
			religioso di umiltà. Ma Nietzsche situa la ribellione dell'uomo su 
			di un piano diverso: quello della Rivoluzione e del grido luciferino 
			di rivolta: «Non posso sopportare di non essere Dio; quindi, Dio 
			non esiste». Il filosofo tedesco usa la logica pervertita da un 
			orgoglio egualitario in cui la creatura nega la sua condizione di 
			creatura prima ancora di negare l'esistenza del suo Creatore. Ad un livello 
			più profondo, egli sta dicendo: «Io sono l'orgoglio. Sono la 
			ribellione. Sono la Rivoluzione». Com'è possibile giungere a 
			questo punto estremo?
			 Sant'Agostino (354-430), che comprese 
			così bene il cuore umano, spiega che quando l'uomo vive per sé 
			stesso e non per Dio, vive secondo Satana.
Il filosofo tedesco proclamò che 
			l'uomo religioso non sarebbe sopravvissuto nella nuova civiltà. 
			Inoltre, egli disse che i tempi moderni avrebbero prodotto la morte 
			di Dio. Egli sarebbe morto perché gli uomini lo avrebbero ucciso. 
			Come? Affermando la loro libertà dinanzi a Lui e asserendo il potere 
			della loro razionalità. Così Nietzsche annuncia l'alba di un uomo 
			nuovo che si inventa mediante la sua volontà di potere, 
			liberando sé stesso dalle catene delle virtù cristiane che lo 
			costringono alla rassegnazione e alla morte. In Così parlò 
			Zarathustra si intravede l'aspettazione messianica di un 
			grande giorno nuovo che deve venire per l'umanità, qualcosa che 
			è già arrivato per l'illuminato. Egli afferma: «E sarà il grande 
			meriggio», vale a dire la realizzazione dell'atteso regno di Dio 
			sulla Terra è ormai prossima, e sarà realizzata unicamente dalla 
			mano dell'uomo. Dio non è più necessario. Possiamo attuare la nostra 
			felicità senza di Lui. Dal punto di vista teologico, questa 
			affermazione di Nietzsche è estremamente espressiva: «Se 
			esistessero gli dèi, come io sopporterei di non essere un dio»? 
			Ecco l'orgoglio dell'angelo caduto sulle labbra di un uomo. A causa 
			della sua natura, l'uomo si sente finito e limitato. Per questa 
			ragione, egli si volge naturalmente verso Dio in un atteggiamento 
			religioso di umiltà. Ma Nietzsche situa la ribellione dell'uomo su 
			di un piano diverso: quello della Rivoluzione e del grido luciferino 
			di rivolta: «Non posso sopportare di non essere Dio; quindi, Dio 
			non esiste». Il filosofo tedesco usa la logica pervertita da un 
			orgoglio egualitario in cui la creatura nega la sua condizione di 
			creatura prima ancora di negare l'esistenza del suo Creatore. Ad un livello 
			più profondo, egli sta dicendo: «Io sono l'orgoglio. Sono la 
			ribellione. Sono la Rivoluzione». Com'è possibile giungere a 
			questo punto estremo?
			 Sant'Agostino (354-430), che comprese 
			così bene il cuore umano, spiega che quando l'uomo vive per sé 
			stesso e non per Dio, vive secondo Satana.
			
			 
			
			
			L'unica verità 
			diventa quello che voglio. Partendo da questo desiderio, un mondo intero è 
			stato costruito come se Dio non esistesse. Se poi quello che voglio 
			non è secondo ciò che vuole Dio, diventa necessario negare Dio. 
			Questo ribelle pensante non conosce limiti. Egli segue l'azione di 
			Satana che si esaltò al posto di Dio: Non serviam! («Non ti 
			servirò»!).
			
			 
			
			
			 La Rivoluzione segue il percorso di Nietzsche
 
			La Rivoluzione segue il percorso di Nietzsche
			
			 
			
			Ecco una delle grandi promesse che 
			la Rivoluzione avanza per ingannare le società moderne: «Se vuoi 
			essere libero, abbandona i Comandamenti di Dio e i precetti della 
			Chiesa». Nietzsche fu uno degli araldi di questo pensiero a 
			livello filosofico: è necessario che Dio muoia affinché l'uomo 
			nuovo possa vivere liberamente. Ma ciò che Nietzsche poté 
			solamente gridare, altri, dopo lui, lo stanno gradualmente mettendo 
			in pratica armati dello stesso intento radicale.
			
			 
			
			Cos'è un governo, 
			un'economica e una società senza Dio se non la realizzazione 
			integrale del pensiero nietzschiano? Questa è la triste storia del XX secolo che continua in questo nuovo millennio. Sant'Agostino 
			avverte l'uomo e la società: «Tu perdi te stesso cercando te 
			stesso, e diventi schiavo delle cose fuori di te stesso». Che è 
			come dire: «Hai abbandonato la chiamata che Dio per diventare 
			indipendente da Lui, ma sei diventato solo uno schiavo del demonio, 
			del mondo e della carne». Quest'ultima considerazione ci mostra 
			che la supposta libertà promessa dalla Rivoluzione ha incatenato 
			l'uomo moderno in una suprema agonia.
			
			 
		
			
				
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			 Nel 1889 
			Nietzsche ebbe un crollo mentale. Il filosofo era affetto fin dalla 
			gioventù dal disturbo bipolare, frequente nella sua famiglia, che 
			sarebbe infine degenerato in follia; secondo alcuni, la causa che lo 
			spinse alla pazzia fu una malattia venerea contratta in un incontro 
			con una prostituta. Ecco la fine del Superuomo! | 
			
		 
			
			
			
			
			 
			
			
			Note
			 
			
			1 
			Traduzione dall'originale inglese Nietzsche, Herald of the 
			Revolution's Pride («Nietzsche, araldo dell'orgoglio 
			rivoluzionario»), a cura di 
			Paolo Baroni. Articolo reperibile alla pagina web
			
			
			
			http://www.traditioninaction.org/religious/e021rpNietzsche_Alvear.htm
			
			2 
			Cfr. F. Nietzsche, 
			The Gay Science (1882, 1887), § 125; Walter Kaufmann, Vintage, 
			New York 1974, pagg.181-182. Traduzione presa da Grande Antologia 
			Filosofica, Marzorati, Milano, 1976, vol. XXV, pagg. 213-214.
			
			3
			Prologo di Zarathustra, 2.
			
			4
			Della 
			virtù che dona 
			Zarathustra, 
			3.
			
			
			5 Parte II, Nelle 
			isole beate.
			
			
			6 Parte IV, Jubilado.
			
			
			7 L'uomo più brutto.
			
			
			8 Dell'Uomo 
			Superiore, 2.