titolo abby johnson: da direttrice di planned parenthood a pro life

di R. C.

 

postato: 3 settembre 2022

 

abby johnson

 

Premessa

 

Nel 2001 Abby Johnson era una studentessa universitaria di psicologia che non aveva ancora un'opinione chiara dell'aborto. Fu in occasione di una fiera del volontariato che entrò in contatto con un'esponente di Planned Parenthood, la più importante organizzazione di cliniche abortiste degli Stati Uniti (e forse del mondo). Le venne raccontato che si trattava di un'attività finalizzata ad aiutare le donne in difficoltà, fornendo contraccettivi, esami, educazione sessuale, ecc..., e solo in ultima istanza l'aborto.

 

Le venne assicurato che «il nostro scopo alla Planned Parenthood è quello di rendere raro l'aborto» e che comunque sarebbe stato meglio che le donne l'avessero fatto in un ambiente sicuro e in piena legalità, piuttosto che rischiare la vita con pratiche clandestine. In estrema sintesi è più o meno quello che pensano tutte le persone favorevoli all'aborto. Abby Johnson iniziò così a collaborare con Planned Parenthood prima come volontaria e in seguito come dipendente, divenendo in breve tempo una convinta sostenitrice dell'aborto legale.

 

planned parenthood

 

Svolgeva il suo lavoro con passione, credendo realmente di aiutare le donne, ma senza avere un approccio troppo ideologizzato. Riuscì ad instaurare un rapporto di reciproco rispetto con gli attivisti pro life che pregavano davanti alla clinica, tant'è che in qualche occasione indirizzava le pazienti a rivolgersi ad organizzazioni pro vita che le avrebbero aiutate a tenere il bambino.

 

Fece carriera, venendo premiata come dipendente dell'anno e diventando direttrice della clinica della città di Bryan, in Texas. Un giorno, causa mancanza di personale, le venne chiesto in via eccezionale di fornire assistenza durante un aborto chirurgico su di un feto di tredici settimane eseguito con un monitoraggio ad ultrasuoni. Con questo sistema ogni momento dell'operazione veniva visualizzato su di uno schermo. Fu così che Abby Johnson per la prima volta in vita sua comprese cosa fosse in realtà l'aborto.

 

Vide con i suoi occhi che il feto non era un semplice tessuto che non sentiva dolore, bensì un esserino più vitale che mai, che tentava di sfuggire allo stritolamento e all'aspirazione. Lei stessa, che pure aveva avuto due aborti, non si era mai resa pienamente conto della scomoda verità.

 

feto vivo

 

Rimase ovviamente scioccata e decise che non avrebbe più lavorato per Planned Parenthood. Chiese aiuto proprio agli attivisti pro life che ormai conosceva e alla fine divenne una convinta attivista pro life. E guarda caso, il fatto avvenne proprio nel periodo in cui Abby aveva iniziato ad accorgersi che lo scopo di Planned Parenthood non era affatto quello di «rendere raro l'aborto», bensì di incrementarlo il più possibile, poiché era la principale fonte di entrate per l'organizzazione.

 

Scartati. La mia vita con l'aborto (Rubbettino, 2014) è il racconto di queste vicende raccontate in prima persona dalla stessa Abby Johnson. Si tratta di un libro coinvolgente, anche se l'argomento non è certo dei più leggeri. È interessante perché fa comprendere le contraddizioni in cui cadono molte delle persone che ritengono giusto l'aborto e che sono pienamente convinte che si tratti un diritto per le donne. Il libro evidenzia poi il business dell'interruzione di gravidanza, mostrando come le organizzazioni abortiste non siano altro che macchine da soldi senza scrupoli, a cui non interessa affatto il benessere delle donne.

 

abby johnson - scartati

Cliccando sulla copertina potete andare direttamente

sul sito dell'Editore per acquistare il libro.

 

Infine, l'autrice ci svela con onestà tutto il suo percorso di conversione interiore, religioso e morale, fatto di rimorsi e di dubbi per troppo tempo rimasti nascosti sotto il tappeto. Il racconto infatti non tralascia nemmeno il problema religioso, anche perché negli Stati Uniti la fede per molte persone difficilmente rimane un fatto privato. Nella galassia protestante americana sono molto sentite le istanze pro life, anche se non mancano chiese pro choice (ossia favorevoli all'aborto). E pure i cattolici sono molto più attivi rispetto a quelli nostrani. Sull'altro fronte, i seguaci di The Satanic Temple hanno manifestato più volte apertamente a favore dell'aborto.

 

the satanic temple - libertà di abortire

Sopra: The Satanic Temple si batte in favore dei «diritti

 religiosi riproduttivi», ossia per la libertà di abortire.

 

satan love abortion

«Satana ama l'aborto».

 

pro life - pro choice

Negli USA non mancano le dispute tra attivisti

pro life (per la vita) e pro choice (per l'aborto).

 

Ma non è solo questione di fede: oltreoceano esiste persino l'associazione degli atei per la vita (Secular Pro Life 1), a comprova del fatto che difendere la vita è prima di tutto una questione di conoscenza della verità, di razionalità e di umanità.

 

secular pro-life

 

Abby Johnson ci racconta quindi il suo rapporto con Dio e il suo passare da una chiesa più conservatrice ad una più progressista, nell'illusione di assopire i rimorsi della coscienza. Un po' alla volta però emergono il potere della preghiera e il disegno di Dio. Un Dio che per molti anni ha permesso ad Abby di stare dalla parte del male, per trarne un bene assai maggiore. La sua testimonianza infatti è servita anche ad altri colleghi per trovare il coraggio di uscire da Planned Parenthood e per dare lo slancio finale al dibattito sull'aborto, aiutando molti americani a comprendere la verità.

 

È anche grazie a questo libro (e al film che ne è stato ricavato) che le istanze pro life sono arrivate alla Corte Suprema, revocando la storica sentenza Roe vs Wade del 1973, stabilendo che l'aborto non è un diritto costituzionale. La strada da fare è ancora tanta, ma almeno stavolta la direzione è quella giusta.

 

Certo, negli Stati Uniti il clima è molto diverso rispetto al nostro Paese, dove nessuno osa minimamente mettere in discussione la legge nº 194. In America la disputa tra pro life e pro choice è sempre stata molto accesa, entrando spesso nel dibattito elettorale, pur con forti contraddizioni. Si pensi che persino un presidente guerrafondaio come George W. Bush, sostenne la causa pro life con provvedimenti atti a limitare almeno in parte l'aborto e tolse fondi statali alle organizzazioni abortiste.

 

monumento aborto

Statua dedicata ai bambini mai nati
(Bardejovska Nova Ves - Slovacchia - Scultore: Martin Hudáček)

 

Qualche informazione su Planned Parenthood e sui suoi legami

 

planned parenthood

 

Planned Parenthood è l'organizzazione di servizi abortivi e di pianificazione familiare più potente al mondo. La prima clinica nacque nel 1916 per opera di Margaret Sanger (1879-1966), una ricca femminista intrisa di idee razziste e fissata con l'eugenetica, che cinque anni dopo fondò l'American Birth Control League. Nel 1942, l'istituzione divenne Planned Parenthood. Col passare del tempo iniziò ad allargare la sua attività anche all'estero, federandosi con altri enti operanti nell’ambito della pianificazione familiare, divenendo International Planned Parenthood Federation (IPPF).

 

margaret sanger

 

Pur essendo la moglie di un miliardario, alla Sanger però i soldi non bastavano mai, tanto che fin dal 1924 non esitò a chiedere un finanziamento al Bureau of Social Hygiene, organizzazione dipendente dai Rockefeller.

 

margaret sanger - rockefeller

Sopra: documento dattiloscritto del 1924 attestante la richiesta di

finanziamento della Sanger al Bureau of Social Hygiene (Rockefeller).

 

Da lì in poi la storia di Planned Parenthood sarà caratterizzata da continui e cospicui finanziamenti da parte di miliardari celebri e dalle loro fondazioni, desiderosi di dare il loro contributo attivo alle politiche di controllo demografico.

 

Tanto per fare qualche altro nome: Bill Gates, Warren Buffett, George Soros. Recentemente ha ricevuto la più grande singola donazione mai elargita ad un'organizzazione abortista: ben 275 milioni di dollari da MacKenzie Scott, l'ex moglie del fondatore di Amazon, Jeff Bezos 2.

 

jeff bezos - mackenzie scott

 

Alcuni anni fa, Planned Parenthood finì nell'occhio del ciclone dopo che alcuni giornalisti indipendenti del Center for Medical Progress, smascherarono il business del commercio di organi e tessuti di feti abortiti per mezzo di video girati con una telecamera nascosta 3.

 

tariffario planned parenthood

Sopra: tariffario degli organi fetali venduti da Planned Parenthood.

 

Presentiamo qui di seguito un estratto del libro, precisamente il primo capitolo, invitandovi allo stesso tempo alla lettura integrale di tutto il volume.

 

Sito dell'Editore:

https://www.store.rubbettinoeditore.it/catalogo/scartati/

 

 

I

Gli ultrasuoni

 

 

Cheryl si affacciò sulla porta del mio ufficio. «Abby, hanno bisogno di una persona in più in sala operatoria. Sei libera?». Alzai lo sguardo dal mio lavoro d'ufficio, sorpresa. «Certo». Anche se lavoravo da otto anni con la Planned Parenthood non ero mai stata chiamata in sala operatoria per aiutare l'équipe medica durante un aborto, e non avevo idea del motivo per cui avessero bisogno di me.

 

Le infermiere erano le uniche che assistevano durante gli aborti, non gli altri impiegati della clinica. Come direttrice di questa clinica a Bryan, nel Texas, potevo ricoprire ogni posizione in caso di emergenza, eccetto naturalmente quelle dei medici e delle infermiere. In qualche occasione avevo accettato la richiesta della paziente di essere presente e tenerle la mano durante l'intervento, ma solo quando ero stata la loro consulente fin dall'inizio.

 

ecografia - bambino

Sopra: il bambino visto durante l'ecografia.

 

Oggi non si trattava di un caso del genere. Perché allora avevano bisogno di me? Il medico che doveva praticare l'aborto era stato qui alla clinica di Bryan solo altre due o tre volte. Aveva uno studio in cui praticava le interruzioni di gravidanza a un centinaio di chilometri di distanza. Quando avevo parlato con lui alcune settimane prima mi aveva spiegato che al suo istituto faceva solo aborti guidati con gli ultrasuoni, la procedura che comportava meno rischi per la donna.

 

Dato che questo metodo permette al sanitario di vedere esattamente quello che succede all'interno dell'utero, ci sono meno probabilità di perforarne la parete, uno dei rischi dell'aborto. Rispettavo questa sua scelta. Per quanto mi riguardava, più si poteva fare a favore della sicurezza e della salute della donna meglio era. Gli avevo comunque spiegato che questa pratica non era prevista dal protocollo della nostra clinica.

 

Lo comprese, e disse che avrebbe seguito le nostre procedure tipiche. Concordammo pero che sarebbe stato libero di usare gli ultrasuoni se riteneva che una particolare situazione lo richiedesse. Che io sapessi, non aveva mai usato gli ultrasuoni a fini abortivi nel nostro istituto. Praticavamo aborti solo di sabato, e l'obiettivo che ci era stato assegnato dalla Planned Parenthood era di farne dai venticinque ai trentacinque in una giornata.

 

aborto per suzione

Sopra: l'apparecchiatura necessaria

per praticare l'aborto per suzione.

 

Cercavamo di concluderli entro le due di pomeriggio. La nostra procedura tipica richiedeva circa dieci minuti, ma l'uso degli ultrasuoni ne aggiungeva altri cinque, e quando stai cercando di programmare fino a trentacinque aborti al giorno quei cinque minuti vanno calcolati. Ebbi un attimo di esitazione prima di entrare nella sala operatoria. Non mi era mai piaciuto entrare in questa stanza durante un intervento abortivo, perché non mi piaceva quello che accadeva dietro quella porta.

 

Ma dato che tutti noi dovevamo essere sempre pronti in qualsiasi momento a prendere parte al lavoro svolto, aprii la porta ed entrai. La paziente era già sedata, ancora presente ma stordita, con la luce abbagliante del dottore puntata su di lei. Era in posizione distesa, gli strumenti chirurgici erano sistemati sul vassoio vicino al dottore, e l'infermiera stava posizionando la macchina a ultrasuoni a fianco del tavolo operatorio. «Sto per compiere un aborto guidato con gli ultrasuoni su questa paziente. Ho bisogno che tu tenga la sonda degli ultrasuoni», spiegò il medico.

 

medico pratica l'aborto

 

Quando presi in mano la sonda e regolai le impostazioni sulla macchina, ragionai fra me e me: non voglio essere qui. Non voglio prendere parte a un aborto. Ma questo atteggiamento era sbagliato. Dovevo trovare l'animo giusto per svolgere questo compito. Feci un grosso respiro e cercai di sintonizzarmi con la musica proveniente dalla radio in sottotondo.

 

È un'esperienza istruttiva, perché non ho mai visto un aborto guidato con gli ultrasuoni fino a ora, dissi a me stessa. «Forse mi sarà utile quando dovrò consigliare altre donne. Imparerò qualcosa in prima persona su questa procedura. Oltretutto finirà tra pochi minuti». Non avrei mai immaginato che i successivi dieci minuti avrebbero scosso le fondamenta dei miei valori e cambiato il corso della mia vita.

 

Fino a quel momento avevo usato gli ultrasuoni solo per compiere delle diagnosi ai clienti. Era uno dei servizi che offrivamo per verificare se c'era una gravidanza e stimare a quale stadio fosse. La mia familiarità nella preparazione degli ultrasuoni lenì l'agitazione che avevo a stare in quella stanza. Applicai il gel sulla pancia della paziente e manovrai la sonda fino a quando il suo utero apparve sullo schermo.

 

 

Corressi quindi la posizione della sonda per catturare l'immagine del feto. Mi aspettavo di vedere quello che avevo visto nelle precedenti ecografie. Di solito, a seconda dell'epoca della gravidanza e di come il feto era girato, vedevo prima una gamba, o la testa, o parte del dorso, e avevo bisogno di manovrare un po', per ottenere la migliore immagine possibile. Quella volta pero l'immagine era completa. Potevo vedere il profilo intero e perfetto di un bambino. «Sembra proprio come Grace a dodici settimane», pensai con sorpresa ricordando la prima ecografia a dodici settimane di mia figlia, tre anni prima, rannicchiata al sicuro nel mio utero.

 

L'immagine che avevo in quel momento davanti a me era la stessa, solo più nitida e chiara. Mi sorpresero i dettagli. Potevo chiaramente vedere il profilo della testa, di entrambe le braccia, delle gambe e perfino delle minuscole dita delle mani e dei piedi. Era perfetto. Improvvisamente pero un'ondata di ansia prese il posto del piacevole ricordo di Grace. «Cosa sto vedendo»? Il mio stomaco ebbe una stretta. «Non voglio guardare quello che sta accadendo».

 

Mi rendo conto che può sembrare strano un comportamento del genere da parte di chi aveva guidato per due anni una clinica della Planned Parenthood, consigliato le donne in crisi, programmato aborti, revisionato i bilanci mensili della clinica, assunto e addestrato personale. Strano o no, la verità era che non ero mai stata interessata a promuovere l'aborto. Ero arrivata alla Planned Parenthood otto anni prima, convinta che il suo scopo principale fosse quello di prevenire le gravidanze indesiderate, riducendo così il numero degli aborti.

 

aborto per suzione

 

Il mio scopo era certamente quello. Credevo anche che la Planned Parenthood salvasse delle vite: quelle delle donne che, senza i servizi offerti da questa organizzazione, fossero costrette a ricorrere agli aborti clandestini. Questi ragionamenti sfrecciarono nella mia mente mentre tenevo attentamente la sonda al suo posto. «Tredici settimane», sentii dire dall'infermiera che aveva preso le misure per determinare l'età del feto. «Okay», disse il dottore guardandomi, «ora tieni ferma la sonda durante l'intervento, in modo che possa vedere quello che sto facendo».

 

L'aria condizionata della sala operatoria mi dava i brividi. Mentre i miei occhi erano ancora incollati sull'immagine di quel bambino perfettamente formato, mi accorsi che qualcos'altro era apparso sullo schermo. La cannula, uno strumento a forma di cannuccia collegata al tubo di aspirazione, era stata inserita nell'utero e si stava avvicinando al bambino. Sembrava un intruso nello schermo. Una cosa fuori posto e sbagliata. Il mio cuore accelerò. Il tempo rallentò. Non volevo guardare.

 

cannula aborto

Sopra: cannula usata per praticare l'aborto per suzione.

 

Ero orripilata, ma nello stesso tempo affascinata, come quei curiosi in macchina che rallentano quando passano vicino a qualche terribile incidente; non vogliono vedere dei corpi maciullati, ma guardano lo stesso. Guardai in faccia la paziente; dagli occhi le scendevano delle lacrime. Si capiva che soffriva. L'infermiera le detergeva la faccia con un fazzolettino. «Fai un bel respiro», le suggeriva gentilmente l'infermiera. «Respira!». «Abbiamo quasi finito», le sussurrai. Volevo rimanere concentrata su di lei, ma i miei occhi tornarono sull'immagine dello schermo.

 

All'inizio il bambino sembrava ignaro della cannula, che sondava delicatamente il suo fianco, e per un secondo mi sentii sollevata. Naturalmente, pensai, il feto non sente dolore. Avevo rassicurato tantissime donne su questo punto, come mi era stato insegnato alla Planned Parenthood. Il tessuto fetale non sente niente quando è rimosso. «Cerca di controllarti, Abby! È solo una semplice e rapida operazione medica». La mia mente si sforzava al massimo di controllare le mie reazioni, ma non riuscii a scrollarmi di dosso l'inquietudine interiore, che si tramutò ben presto in orrore alla vista dello schermo.

 

Medico o macellaio?

 

Il movimento successivo fu l'improvviso scatto di un piedino, che cominciò a scalciare come se cercasse di respingere la sonda invasore. Quando la cannula cominciò a far pressione, il bambino iniziò a rivoltarsi e a contorcersi. Mi sembrava chiaro che il feto sentiva la cannula, e che non gli piaceva quello che stava provando. Poi la voce del medico ruppe il silenzio, facendomi trasalire. «Accendi, Scotty», disse spensieratamente all'infermiera. Le stava dicendo di accendere l'aspiratore: in un aborto l'aspiratore non viene acceso fino a quando il dottore non ritiene che la cannula si trovi nel punto esatto.

 

Mi venne il desiderio improvviso di urlare: «Fermatevi!», di scuotere la donna e di dirle: «Guarda cosa sta succedendo al tuo bambino! Sveglia! Presto, fermali!». Ma mentre pensavo a queste parole guardavo alla mia mano che teneva la sonda. Io ero una di quelli che stavano compiendo quest'azione. I miei occhi ritornarono sullo schermo. Il dottore stava già ruotando la cannula, e ora vedevo il corpicino che si contorceva violentemente. Per un brevissimo momento sembrava che il bambino venisse strappato, arrotolato e strizzato come uno straccio.

 

feto umano

 

Poi cominciò a scomparire dentro la cannula sotto i miei occhi. L'ultima cosa che vidi fu la piccola spina dorsale perfettamente formata risucchiata nel tubo, e tutto scomparve. L'utero era vuoto, totalmente vuoto. Ero paralizzata dall'incredulità. Senza accorgermene lasciai cadere la sonda. Scivolò dalla pancia della paziente e finì sulla sua gamba. Sentivo il mio cuore che batteva forte, facendo pulsare il collo. Provai a fare un respiro profondo, ma sembrava che l'aria non riuscisse né a entrare né a uscire.

 

Fissavo ancora lo schermo, malgrado ora fosse tutto nero perché avevo perso l'immagine. Non riuscivo però a esprimere alcuna emozione. Ero troppo scioccata e sconvolta per muovermi. Sentivo il dottore e l'infermiera chiacchierare mentre lavoravano, ma le loro voci erano distanti, come un vago rumore di sottofondo, difficili da udire a causa del sangue che mi batteva nelle orecchie. L'immagine del corpicino stritolato e risucchiato mi ritornava alla mente insieme all'immagine della prima ecografia di mia figlia Grace, che aveva più o meno le stesse dimensioni.

 

E ricordavo nuovamente una delle tante discussioni che avevo avuto con mio marito Doug sull'aborto. «Quando eri incinta di Grace in pancia non avevi un feto, ma una bambina», aveva detto Doug. Ora queste parole mi colpirono come un fulmine; aveva ragione! quello che era nel ventre di questa donna solo un momento fa era vivo. Non erano tessuti, non erano cellule. Era un bambino umano, che lottava per vivere! Una lotta perduta in un batter di ciglia. Quello che avevo detto alle persone per anni, quello che avevo creduto, insegnato e difeso, era una menzogna.

 

Improvvisamente sentii lo sguardo del medico e dell'infermiera su di me, che mi scosse dai miei pensieri. Notai la sonda sulla gamba della paziente e annaspai per rimetterla a posto. Adesso pero le mie mani tremavano. «Abby, stai bene?», chiese il dottore. Gli occhi dell'infermiera scrutavano con preoccupazione il mio volto. «Sì, sto bene». Non avevo ancora risistemato correttamente la sonda, ed ero preoccupata perché il dottore non poteva guardare all'interno dell'utero. La mia mano destra teneva la sonda, mentre la mia mano sinistra rimase adagiata sulla calda pancia della donna.

 

propaganda abortista

Sopra: propaganda abortista. «Aborto? Mio il corpo, mia la scelta».

 

Diedi un'occhiata alla faccia della donna, rigata dalle lacrime e in una smorfia di dolore. Muovendo la sonda tornai a catturare l'immagine del suo utero ora svuotato. I miei occhi si spostarono nuovamente sulle mie mani. Le guardai come se non fossero le mie. «Quanti danni hanno fatto queste mani negli ultimi otto anni? Quante vite si sono portate via non solo le mie mani, ma soprattutto le mie parole? Cosa sarebbe successo se avessi saputo la verità, e se l'avessi detta a tutte le donne?» E se...? Avevo creduto in una bugia! Avevo promosso ciecamente la linea dell'organizzazione per tutto quel tempo.

 

Perché? Perché non avevo cercato la verità da sola? Perché avevo chiuso le orecchie agli argomenti che avevo ascoltato? Dio mio, cosa avevo fatto? La mia mano era ancora posata sulla pancia della paziente, e avevo la sensazione di averle appena portato via qualcosa con quella mano rapinatrice. La mia mano cominciò a dolorare: intendo proprio dolore fisico. E proprio in quel momento, mentre stavo a fianco del tavolo operatorio, con la mano sulla pancia della donna in lacrime, dentro di me sorse questo pensiero: «Mai più! Mai più!» Feci tutto automaticamente.

 

Quando l'infermiera pulì la donna, io misi via la macchina a ultrasuoni, sollevai con cura la paziente, che era debole e stordita. La aiutai a sedersi su una sedia a rotelle e la portai in una camera di ricovero. Le rimboccai una coperta addosso. Come tante altre pazienti che avevo visto in precedenza, continuava a piangere in un ovvio stato di sofferenza fisica ed emotiva. Feci del mio meglio per confortarla.

 

Erano passati dieci minuti dopo, forse quindici al massimo, da quando Cheryl mi aveva chiesto di prestare aiuto in sala operatoria. Ma in quei pochi minuti era cambiato tutto, drasticamente. L'immagine di quel piccolo bambino che si contorceva e si dimenava continuava a scorrere nella mia mente, così come quella della paziente. Mi sentivo in colpa. Le avevo tolto qualcosa di prezioso, e lei neanche lo sapeva.

 

Come ero potuta arrivare a questo? Come avevo potuto lasciare che accadesse? Avevo investito me stessa, il mio cuore, la mia carriera nella Planned Parenthood perché volevo prendermi cura delle donne in crisi. E ora ero io ad essere in crisi. Ripensando a quel fine settembre del 2009, comprendo quanto sia saggio Dio a non rivelarci il futuro.

 

Se avessi saputo quale tempesta interiore avrei dovuto affrontare, probabilmente non avrei avuto il coraggio di andare avanti. Ma quando accadde non cercavo di farmi coraggio. Volevo capire come mai mi trovassi in quel luogo a vivere una menzogna, a diffonderla e a fare del male proprio a quelle donne che volevo aiutare. A quel punto avevo un disperato bisogno di sapere cosa dovessi fare. Questa è la mia storia.

 

abby johnson

Sopra: 25 agosto 2020; Abby Johnson ha raccontato

la sua esperienza durante la convention repubblicana.

 

Dal libro è stato ricavato un film, intitolato Unplanned. La storia vera di Abby Johnson, uscito negli Stati Uniti nel 2019 e arrivato in Italia nel 2021. Nonostante l'argomento impegnativo e il periodo difficile, pur senza un lancio mediatico paragonabile a quello dei blockbuster americani, il film grazie al passaparola è riuscito ad ottenere un'ottima media di spettatori per singola sala.

 

 

 

 

TRAMA: Unplanned narra la storia (vera) di Abby Johnson, una ex-dipendente dell'organizzazione di cliniche mediche più potenti al mondo, la Planned Parenthood. Il suo lavoro e la sua carriera procedevano a gonfie vele, finché un giorno scoprì una realtà diversa da quanto immaginava...

 

DURATA: 110 minuti

REGIA: Cary Solomon e Chuck Konzelman

Doppiaggio Italiano: Luca Ward, Emanuela Rossi, Francesca Manicone

Attori: Ashley Bratcher, Brooks Ryan, Robia Scott, Emma Elle Roberts

Distribuzione: Federica Picchi, Dominus Production by Estpretiosa
 

Per chi volesse organizzare una proiezione del film Unplanned nella propria città, suggeriamo di rivolgersi a Dominus Production, che cura la distribuzione in Italia.

https://www.unplanned.it/

https://www.dominusproduction.com/

info@dominusproduction.com

tel. 055/046 8068
cell. 329/042 3979
dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle 19:00.

 


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Note

 

1 Si veda il sito https://secularprolife.org/

2 Cfr. «Rachel Sandler, MacKenzie Scott, Michael Bloomberg Among The Biggest Billionaire Donors To Abortion Rights Groups», in Forbes, del 12 maggio 2022

https://www.forbes.com/sites/rachelsandler/2022/05/12/mackenzie-scott-michael-bloomberg-among-the-biggest-billionaire-donors-to-abortion-rights-groups/?sh=56d2e9b27081

R. Cascioli, «La strana campagna dei coniugi Gates a favore dell'aborto», in Il Giornale, dell'11 luglio 2012

https://www.ilgiornale.it/news/cultura/strana-campagna-dei-coniugi-gates-favore-dellaborto.html

D. Gainor, «Warren Buffett has given $ 1.2 billion to abortion groups», Fox News, 13 maggio 2014

https://www.foxnews.com/opinion/warren-buffett-has-given-1-2-billion-to-abortion-groups

3 Cfr. F. Lozito, «Aborto, Planned Parenthood: il lato oscuro dell'America», in La Stampa, del 1º luglio 2017
https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2017/07/01/news/aborto-planned-parenthood-il-lato-oscuro-dell-america-1.34445157

B. Frigerio, «Esce l'ultimo video sul traffico di feti abortiti in America. Ma alla sbarra ci finisce l'accusatore», in Tempi, del 3 marzo 2016

https://www.tempi.it/ultimo-video-traffico-feti-abortiti-america/

I video sono disponibili sul canale Youtube del Center for Medical Progress

https://www.youtube.com/c/TheCenterforMedicalProgress/videos

 

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